Myron W. Krueger e Roy Ascott
Un apripista è Myron W. Krueger che nel 1983 con il Videoplace avvia la ricerca definita Realtà Artificiale, fenomeno che anticipò la Realtà Virtuale, utilizzando telecamere che digitalizzavano il movimento di un performer, in grado di interagire con uno scenario infografico.
Altra figura cardine è Roy Ascott che, sempre alla fine degli anni Sessanta, trattò di “estetica tecnoetica”, concetto poi rilanciato da Mario Costa con l’”estetica della comunicazione”. Il contributo più significativo di Ascott è Aspect of Gaia, un’opera collettiva “aperta” ai contributi raccolti on line da decine di autori, presentata nel 1989 al festival Ars Electronica di Linz (Austria), uno dei luoghi di maggior attenzione verso le culture digitali, insieme a Imagina di Montecarlo e Transmediale di Berlino.
Un ambito importante da sottolineare è quello della Net Art che vede come figure apripista il catalano Antoni Muntadas, lo sloveno Vuk Cosic, l’italiano Tommaso Tozzi e, per un particolare aspetto pionieristico, Pietro Grossi che, nel 1970, trasmette il primo “audio streaming” della storia con un collegamento telematico fra la Fondazione Manzù di Rimini e il CNUCE di Pisa. Un teorico della Net Art è Lev Manovich che evidenzia come la creatività sia direttamente proporzionale alla capacità di fare network. Un’intuizione che s’inscrive nella cultura hacker e open source, per esplicitarsi a miglior grado nella dimensione etico-politica dell’hacktivism (>) che coniuga hacking e activism. Un’affermazione di Jello Biafra, alias Eric Reed Boucher, cantante punk dei Dead Kennedys e attivista politico, è in tal senso emblematica: “Non odiate i media, diventate i media.”
Tra i protagonisti italiani di queste declinazioni della cultura hacker si segnalano Giacomo Verde e Jaromil.